Forse stavolta il Piano nazionale sulle malattie parte davvero


31/03/2019

Due milioni le persone coinvolte per un'iniziativa che potrebbe cambiare radicalmente la loro vita

Stavolta ci sono tutte le premesse giuste per arrivare a dare concretezza al Piano Nazionale Malattie Rare. Si tratta di una occasione unica, importante da cogliere, per corrispondere alle attese delle persone che vivono con una malattia rara e che aspettano risposte almeno ad una parte dei loro bisogni.

Gli esperti ci sono, e sono pronti. A fine febbraio infatti, il Ministro della Salute, Giulia Grillo ha nominato un gruppo di esperti che dovrà lavorare alla stesura e alla elaborazione del nuovo Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR).

Se si procede velocemente si può ragionevolmente pensare che di qui a qualche mese potremmo avere il nuovo piano.

Due milioni di persone coinvolte

Quello vecchio, il primo ad essere stato approvato in Italia dal Ministero della Salute, era stato infatti articolato per il periodo 2013 -2016, ed era ormai scaduto da quasi tre anni e per di più era rimasto largamente inattuato.

Non c’è dunque bisogno di inventarsi chissà cosa di nuovo, le linee d’azione erano già state tracciate e visto che non sono state attuate che in minima parte basta apportare qualche aggiornamento e soprattutto indicare obiettivi ed azioni concrete da fare.

Oltre agli esperti però occorre trovare anche i soldi necessari a sostenere questo settore che coinvolge direttamente, o indirettamente, quasi 2 milioni di persone.

Recentemente, nel corso del convegno organizzato al Senatodal Movimento 5 Stelle “Malattie rare: confronto, ascolto, azione”, ho lanciato un appello a promuovere un confronto tra tutte le parti interessate e lavorare in direzione del finanziamento del nuovo Piano Nazionale delle Malattie Rare.

Il primo Piano Nazionale Malattie Rare non aveva finanziamenti, e questo è probabilmente uno dei motivi principali per cui è di fatto rimasto inattuato.

Bisogna fare in modo che questo secondo piano abbia un destino diverso: bisogna dotarlo di risorse economiche.

I soldi, si sa, sono importanti e il settore delle malattie rare ha già subito, per effetto della modifica delle tutele dei farmaci orfani in Legge di Bilancio, un taglio di quasi 100 milioni di euro l’anno. Questa riduzione delle risorse destinate a sostenere i farmaci, non è compensata dai 4 milioni in più che sono stati invece destinati per promuovere lo screening neonatale (emendamento Leda Volpi).

Si tratta certo di un intervento graditissimo ma per un importo che non può, da solo, compensare l’altra perdita di fondi: ai malati rari mancano ancora oltre 90 milioni di euro l’anno solo per stare nelle condizioni del 2018.

Forse non cade nel vuoto

Perché dunque non approfittare del secondo Piano Nazionale Malattie Rare, per ridare qualcosa al settore? Il piano nazionale malattie rare ha bisogno di finanziamenti e il settore tutto ha bisogno di investimenti, sarebbe un’azione salutata con grande favore, e nel corso del convegno questa opinione l’hanno già espressa tutti i rappresentanti delle maggiori federazioni di pazienti.

La stessa senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare ha sottolineato che “un piano senza fondi finirebbe per essere nuovamente e solo una bella dichiarazione di intenti”.

Sarebbe anche l’occasione per promuovere un tavolo di confronto che veda presenti le Istituzioni, i pazienti, ma anche le aziende e tutti gli stakeholder che a vario titolo hanno a cuore i malati rari, anche perché poi per applicare il Piano Nazionale Malattie Rare servirà la fattiva collaborazione di tutti.

Questo mio appello non sembra essere caduto nel vuoto. Al convegno era infatti presente il Senatore Pierpaolo Sileri  che oltre ad essere medico e ricercatore, presiede la Commissione Sanità del Senato, e può farsi promotore di un percorso partecipato come quello da noi proposto. Per questa ragione, a lui abbiamo chiesto pubblicamente di farsi garante di questo percorso. Ci ha fatto molto piacere accogliere la sua disponibilità. Ora speriamo di poter presto cominciare a vedere i primi risultati concreti: i malati hanno bisogno di risposte.   

FONTE: agi


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