Antibiotico-resistenza, fronte comune nell’applicazione clinica di nuovi protocolli...


08/02/2019

Antibiotico-resistenza, fronte comune nell’applicazione clinica di nuovi protocolli. Studio ‘sentinella’ al Burlo Garofolo

Trieste, 7 febbraio 2019 – L’antibiotico-resistenza è un grave rischio per la salute e i ricercatori stanno lavorando per trovare soluzioni per i casi nei quali gli antibiotici “non fanno effetto”. Il Burlo Garofolo di Trieste, assieme a un pool di Istituti scientifici, è in prima linea in Italia nello studio delle antibiotico-resistenze.

Del tema, dell’ultima frontiera degli studi nei quali il Burlo è coinvolto, e dei possibili scenari futuri si è parlato nei giorni scorsi in un convegno organizzato a Trieste dal Burlo che ha visto la presenza di studiosi e medici provenienti da tutta Italia, con l’obiettivo di coordinare le rispettive ricerche e fare fronte comune nella ricerca scientifica e nella applicazione clinica di nuovi protocolli.

Il problema
I batteri antibiotico-resistenti sono uno dei problemi con cui la sanità pubblica deve confrontarsi con urgenza. Acquisendo resistenza nei confronti dei farmaci, infatti, molti microbi ambientali diventano patogeni per l’uomo, arrivando anche a  provocare il decesso del paziente e gravando il sistema sanitario di ingenti costi aggiuntivi.

“L’uso continuo e non appropriato di antibiotici – ha spiegato la prof.ssa Manola Comar, responsabile della struttura di microbiologia traslazionale dell’IRCCS Burlo Garofolo – ha favorito in anni recenti la comparsa, la moltiplicazione e la diffusione di ceppi batterici resistenti, causa di gravi patologie nell’uomo”.

“Se lo sviluppo degli antibiotici ha rivoluzionato l’approccio al trattamento delle malattie infettive – spiega la dott.sa Adele Maggiore, vicecommissario sanitario del Burlo Garofolo – oggi la comparsa di microorganismi resistenti a questi farmaci è più veloce dello sviluppo di nuove molecole terapeutiche. Si tratta quindi di un problema prioritario di sanità pubblica a livello mondiale”.

Il microbioma
La soluzione alla farmaco resistenza è intrinseca alla conoscenza del microbiota ambientale, l’insieme dei diversi batteri che colonizzano un ambiente in un preciso momento e condizione e il loro rapporto con il nostro organismo.

“Al Burlo – ha spiegato ancora Adele Maggiore – lavoriamo per un approccio innovativo nella diagnosi, cura e sorveglianza delle infezioni: in sinergia con altre strutture italiane effettuiamo studi su terapie innovative, quali il trapianto di microbioma fecale. Il Burlo – ha concluso Adele Maggiore – come IRCCS è la sede naturale in cui ricerca e cura si coniugano per dare risposte assistenziali innovative”.

Il lavoro del Burlo
“Il microbiota umano – spiega la prof.ssa Comar – è un elemento dinamico del nostro organismo, ed è fortemente influenzato dall’ambiente in cui cresciamo, e dunque anche dai microorganismi che incontreremo nella nostra esistenza, che ci colonizzeranno e che diventeranno alleati o nemici del nostro stato di salute fisico e mentale. Per questo motivo, al Burlo, abbiamo deciso di avviare un progetto, il primo in ambito pediatrico, che studia il microbiota ambientale come primo passo per capire quello presente poi nell’uomo”.

Lo studio riguarda l’analisi, con strumenti e tecniche della biologia molecolare estremamente avanzate, dei germi presenti nell’ambiente, ed è uno studio ‘sentinella’ per quanto attiene il tema delle infezioni ambientali in ambito ospedaliero, il loro controllo e l’immediato intervento con la corretta soluzione per limitare il passaggio di germi infetti.

Il trapianto di feci
Al convegno del Burlo sono stati presentati anche i primi studi italiani sul tema del trapianto di feci come terapia per arginare la farmaco-resistenza, decolonizzando l’intestino dei bimbi dai batteri farmaco-resistenti e responsabili di patologie.

La terapia è stata utilizzata sperimentalmente al Bambino Gesù di Roma, su 19 bambini di età superiore ai 24 mesi, e vi è grande attenzione sul tema, poiché questa tecnica può essere utilizzata anche in pazienti con patologie infiammatorie croniche, come il Morbo di Chron o la Colite ulcerosa, o in caso di trapianto di organi quando devono essere valutati per modulare eventuali germi colonizzatori.

FONTE:  insalutenews.it


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